L’erba delle notti

 

Pubblicato per la prima volta nel 2012 dalla casa editrice parigina Gallimard e poi edito in traduzione da Einaudi nel 2014, è uno dei più celebri romanzi del vincitore del premio Nobel per la Letteratura 2014. La voce narrante è uno scrittore solitario, Jean, che grazie a un taccuino pieno di nomi, numeri di telefono e indirizzi comincia a indagare sulla scomparsa di una donna da lui tanto amata, Dannie. Ecco allora che, da buon “poeta della memoria”, Modiano delinea il quadro di una Parigi degli anni Sessanta, triste, malinconica e onirica, nella quale il raggiungimento della completa verità sembra impossibile.

Maria Benedetta Mancini

 

Incidente Notturno

Einaudi, 2016
Collana Supercoralli

 

È notte. A Parigi è scesa la nebbia. Una Fiat verde acqua investe un ragazzo che viene portato in ospedale. Una donna è al volante, una donna misteriosa, forse già conosciuta un tempo. Restano sulla strada una scarpa troppo stretta, un passaporto falsificato e un giaccone sporco di sangue. Un incidente banale riapre possibili vie del passato e dà inizio a un’inchiesta attraverso la città. Ma cercando e ricercando fra le pieghe nascoste della memoria si può anche arrivare a capire che forse la vita è molto piú semplice di quanto si creda e che la scoperta di un punto fisso può aiutare «a rimettersi in piedi».

 

Patrick Modiano, nato nel 1945 a Boulogne-Billancourt, è uno dei più importanti narratori francesi contemporanei. Nel 2014 ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Con Rue des boutiques obscures, nel 1978 si è aggiudicato il Goncourt. È autore di numerosi romanzi e racconti, tra cui, tradotti in italiano, Dora Bruder (Guanda) e Bijou, Un pedigree,Sconosciute, Nel caffè della gioventù perduta, L’orizzonte, L’erba delle notti, Perchè tu non ti perda nel quartiere e Incidente notturno (pubblicati da Einaudi).

L’ ERBA DELLE NOTTI

Einaudi, 2014

 

Jean è uno scrittore solitario che fatica a distinguere il presente dal passato, i ricordi veri da quelli immaginari. Eppure non ha sognato: sul suo vecchio taccuino nero degli anni Sessanta sono infatti annotati nomi, numeri di telefono, date di appuntamenti, e persino brevi testi «che forse hanno a che fare con la letteratura». Fra questi nomi spicca quello di Dannie, una ragazza dalle molteplici identità che riceve misteriose lettere al fermoposta e della quale Jean è invaghito; e poi tutta la banda di loschi personaggi che frequentano locali equivoci come l’Unic Hôtel o «il 66» vicino ai giardini del Luxembourg, teatro di frequenti retate notturne. Cosí, riaffiorano alla mente dettagli incompiuti, segreti mai svelati, misteri irrisolti: perché la polizia lo aveva interrogato? Cos’era successo al pianoterra di quell’appartamento sul lungosenna? C’è forse un legame con la guerra d’Algeria e l’affare Ben Barka? E poi, quale significato attribuire alle parole di Dannie e, soprattutto, alla sua improvvisa scomparsa? La verità è lí a un passo, a portata di mano, eppure irraggiungibile. Ogni libro di Patrick Modiano fa eco al precedente e crea un insieme coerente e al tempo stesso sempre nuovo. Tutti i suoi romanzi e racconti, pur diversi, evocano in qualche modo una ricerca incessante, partendo da un dettaglio minimo per sondare il passato nel tentativo di ricostruire un’identità e non perdersi nell’oblio. Anche L’erba delle notti non fa eccezione: un Modiano allo stato puro, con la sua magnifica frase musicale regolare e densa come lo scorrere della Senna.

VIA DELLE BOTTEGHE OSCURE

 

Bompiani, 2014

 

“Gente strana, che al passaggio lascia solo una scia di nebbia che prontamente svanisce. Con Hutte chiacchieravo spesso di questi esseri di cui le orme si perdono. Nascono un bel giorno dal nulla e al nulla ritornano dopo un fugace brillio. Reginette di bellezza, gigolos, farfalle. La maggior parte, anche da vivi, non avevano più consistenza di un vapore destinato a non condensarsi mai.” Chi parla è Pedro McAvoy Stern, protagonista-narratore di Via delle Botteghe Oscure, il romanzo con il quale Patrick Modiano, già noto al grande pubblico, vinse nel 1978 il Premio Goncourt. Hutte è il responsabile di una Agenzia di Investigazioni nella quale il narratore ha lavorato per alcuni anni: ora è stanco, lascia l’agenzia e si trasferisce a consumare la sua vecchiaia a Nizza. Pedro McAvoy Stern è un uomo che alcuni anni prima, per colpa di una amnesia, non sa più chi è. Gli “esseri di cui le orme si perdono” sono il suo passato. L’agenzia è chiusa. Lui può cominciare a investigare su se stesso

I VIALI DI CIRCONVALLAZIONE

 

Bompiani, 2014

 

Un figlio cerca il padre che dieci anni prima lo ha abbandonato. Lo trova in uno dei villaggi più graziosi della Seine-et-Marne, ai margini della foresta di Fontainebleau, nel ristorante dell’albergo del Clos-Foucré, in compagnia di due individui orribili. Lui – un falsario vissuto di ogni tipo di imbrogli – è un uomo corpulento, di tipo orientale: sembra un enorme mollusco accasciato dalle vicende della vita. I due amici – dai quali è trattato malissimo, con irrisione e disprezzo – si barcamenano, uno dirigendo un giornale di pettegolezzi e articoli ricattatori, l’altro (ex legionario) cercando denaro col poker e il biliardo. Attorno a loro, una piccola corte di donne ambigue, ex prostitute, personaggi loschi, rappresentanti della Francia peggiore che odia i comunisti e gli ebrei. Questo il quadro all’interno del quale si muove la vicenda de I viali di circonvallazione, romanzo giovanile di Patrick Modiano. Sono sufficienti dieci anni perché un padre, trovandosi a tu per tu con il figlio, non lo riconosca? O dobbiamo pensare che finga di non riconoscerlo e aspetti il momento opportuno, per gettare la maschera e rivelare a se stesso, e a suo figlio, la propria abiezione morale? Modiano non si preoccupa, ovviamente, di sposare né l’una né l’altra tesi. A lui interessa il tempo: quello che precede la distanza dei dieci anni, e il figlio, lo sperduto Telemaco parigino, ricostruirà con infinita pazienza per raccontare la vita trascorsa insieme fino al momento dell’abbandono. È il racconto picaresco, struggente, a tratti inverosimile, di due sconfitte. E di un immenso amore: quello del figlio per il padre; quello finale del padre per il figlio disconosciuto. Ma anche questo amore ha bisogno di tempo per rivelarsi. E qui sta la bellezza del romanzo di Patrick Modiano: come affiora, come cresce, e poi sempre più è legittimato dal passato, il sentimento che nessuna avversità potrà mai distruggere.

DORA BRUDER

Guanda, 2014

 

31 dicembre 1941. Sul «Paris-Soir» appare un annuncio: si cercano notizie di una ragazza di quindici anni, il suo nome è Dora Bruder. A denunciarne la scomparsa sono i genitori, ebrei emigrati da tempo in Francia. Quasi cinquant’anni dopo Patrick Modiano si imbatte in quelle poche righe di giornale, in quella richiesta d’aiuto rimasta so spesa. Non sa niente di Dora, ma ne è ugualmente attratto: cerca di ricostruirne la vita, i motivi che l’hanno fatta scappare, cerca di immaginare le sue giornate nel periodo della fuga. A poco a poco ricompone la storia dei Bruder: la nascita della ragazza, le origini dei genitori, i loro trasferimenti, l’ultimo domicilio della famiglia.
Modiano segue l’ombra di Dora per le vie di una città che conosce e ama, la Parigi dei quartieri periferici, degli hotel ormai chiusi da tempo, dei cinema che non esistono più. Sono luoghi che hanno vissuto la guerra e conosciuto l’atmosfera sinistra dell’occupazione. L’atmosfera in cui vive la stessa Dora fino a quando, otto mesi dopo la fuga, verrà deportata ad Auschwitz insieme al padre. Qui, dove comincia la Storia degli uomini, si chiude per sempre la storia privata di Dora in mezzo a quella di milioni di altre vittime.
Dora Bruder è fuggita, poi è riapparsa, ma sin dall’inizio ha mantenuto il segreto su quel breve periodo. Forse la sua è stata una fuga d’amore, o forse no, non lo sapremo mai con certezza. E proprio grazie a questo atto di disobbedienza, a questo scatto di libertà, la sua memoria non è caduta nell’oblio e rivive ora nel ritratto intenso e commovente che Modiano lascia di lei per sempre.