METRO POLIS
di Ben Wilson
Che cos’è una città? È un luogo fisico fatto di strade, edifici e quartieri? Oppure è un’idea, un’invenzione rivoluzionaria che, da quando siamo diventati una specie stanziale, è un po’ il nostro marchio di fabbrica su tutto il pianeta?
Le città raccontate da Ben Wilson non sono nomi sparpagliati su una mappa o negli annali, ma organismi vivi e pulsanti che nascono, crescono, muoiono e risorgono; organismi il cui tessuto connettivo è costituito dalle attività, dai conflitti e dalle aspirazioni dei loro abitanti. Sono i primi insediamenti della Mezzaluna fertile dove dimorano insieme uomini e divinità, come a Uruk, resa immortale dall’Epopea di Gilgames.
Sono le piazze delle poleis greche e i mercati di Baghdad, dove si mescolano persone di ogni classe e viaggiatori di terre lontane, insieme a conoscenze e merci di ogni genere. Sono città magnifiche ma pericolose come Babilonia, diventata (un po’ ingiustamente) simbolo di tutti i piaceri e di tutte le tentazioni della vita urbana; o come New York, sotto la cui skyline l’individuo rischia di scomparire, inghiottito dall’anonimia della folla. Sono i porti della Lega anseatica, di Lisbona e di Malacca, che dominano i mari e fanno la storia del commercio mondiale.
Sono gli inferni industriali di Manchester e Chicago, in cui gli operai vivono in condizioni spaventose, ma dove si gettano le basi per movimenti sindacali rivoluzionari. Sono le macerie fumanti di Varsavia, di Tokyo e di tutti i luoghi cancellati dalla guerra e poi rinati. Sono gli agglomerati di sobborghi americani che si irradiano da un centro sempre più vuoto. Sono le ambizioni degli urbanisti che vedono in una diversa forma di pianificazione la cura per le nostre società. Sono il caos disorganizzato, vibrante e creativo delle nuove megalopoli come Lagos. “Metropolis” è la storia naturale del paesaggio urbano che ci ha accompagnato nei secoli e che nel 2050 ospiterà due terzi dell’umanità; è il racconto del modo in cui le città ci hanno plasmato e al tempo stesso di come noi le abbiamo rese nostre attraverso la musica, il cibo, il tempo libero, l’incessante chiacchiericcio della vita di strada o l’ozioso piacere del flâneur. È la storia della nostra storia.