Quando la terra aveva due lune

di Erik Asphaug

Ai tempi di Shakespeare è un’espressione che torna più volte in “Quando la Terra aveva due lune”, il libro di Erik Asphaug (edito in Italia da Adelphi, con la traduzione di Isabella C. Blum) che ricostruisce l’epopea della Luna, degli asteroidi e delle comete, la diversità planetaria, il sistema solare e i suoi confini (la fascia di Kuiper, la più misteriosa e curiosa), i satelliti. Racconta dei telescopi Hubble, Keplero (più volte citato nel libro è l’astronomo insieme a Newton e a George Darwin) e il Large Synoptic Survey Telescope di ultima generazione, di sonde e fotocamere ad alta definizione, di agenzie e missioni spaziali (la missione Lucy della NASA – con cui Asphaug collabora- è prevista per la fine del 2021), del modulo Eagle. Il racconto divaga tra lunghe digressioni storiche e calcoli matematici, aneddoti personali e immagini “La Luna era una fredda falce in mezzo a qualche gemma scintillante, stagliata su un indaco cupo”: fluttua come il suo asteroide 7939 Asphaug, una briciola di pianeta posto tra le orbite di Marte e Giove.

Quando la terra aveva due lune” è un esempio di umanesimo scientifico. Da una parte c’è lo scienziato che spiega e confuta teorie, dissemina dubbi, reputa indispensabile l’errore, ricostruisce la memoria storica delle missioni spaziali (pensando al viaggio di Colombo), lamenta gli scarsi investimenti nella ricerca, propone una sua visione politica “non c’è nessuno spazio esterno. Noi siamo nello spazio, e il nostro clima è il suo confine”, pensa a missioni robotiche alla ricerca dei laghi di idrocarburi su Titano e spera in “una stretta finestra temporale per scoprire forme di vita marziana indigena prima di portarci le nostre”. Vuole basi lunari abitate: c’è da aggiungere che lo scorso anno la NASA, in collaborazione con ESA e, tra gli altri, con l’agenzia italiana ASI, ha annunciato la missione Artemis per la costruzione della stazione “Lunar Gateway”. Dall’altra parte, Asphaug narratore sa distrarre il lettore con la poesia del cosmo e con l’immancabile taoismo: “Se l’esplorazione è lo yang della scienza, la comprensione è lo yin”.

Il libro ha un sottotitolo “La storia dimenticata del cielo notturno”: altra materia per guardare all’universo come un’avventura dell’anima? Asphaug si fida, ovviamente, più del corpo e della mente per annunciare nuove avventure: un gruppo di studenti dal Cubesat potrebbe vedere il 13 aprile del 2029 la curvatura dell’orbita terreste deviare l’asteroide Apophis;gli asteroidi NEO (Near-Earth Object) potrebbero diventare avamposti di insediamenti sulla Luna. O magari assaggiare i meteoriti carbonacei che “un cuoco avventuroso usa in piccole quantità”.