LA BALLATA DI ADAM HENRY

 

Einaudi, 2014

 

«Divino distacco, diabolica perspicacia»: cosí si mormora negli ambienti giudiziari londinesi a proposito di Fiona Maye, giudice dell’Alta Corte britannica in servizio presso la litigiosa Sezione Famiglia. Sposata da trentacinque anni con lo stesso uomo e senza figli, il giudice Maye ha dedicato tutta la sua carriera alla composizione di dissidi sanguinosi spesso giocati nella carne di chi un tempo si è amato. Battaglie feroci per l’affidamento di figli non piú condivisi, baruffe patrimoniali, esplosioni d’irrazionalità cui il giudice Maye oppone un paziente esercizio di misura e sobrietà nella convinzione di «poter restituire ragionevolezza a situazioni senza speranza». I casi su cui è chiamata a pronunciarsi popolano i giorni e ossessionano le notti di Fiona, calcandone la coscienza. Forse la rendono piú sfuggente, distratta. Sarà dunque a questo che si deve l’oltraggiosa richiesta di suo marito Jack? «Ho bisogno di una bella storia passionale», un «ultimo giro» extraconiugale con la ventottenne Melanie, esperta di statistica. Umiliata, ferita, «abbandonata agli albori della vecchiaia», Fiona cerca rifugio, come d’abitudine, nel caso successivo. È quello di Adam Henry, violinista dilettante, poeta in erba, diciassette anni e nove mesi, troppo pochi per decidere autonomamente della propria vita o della propria morte. Adam è affetto da una forma aggressiva di leucemia che richiede trattamento immediato. I genitori del ragazzo e il minore stesso, Testimoni di Geova, si oppongono alla trasfusione di sangue che lo salverebbe. Del suo futuro deve decidere la corte, il giudice Maye, che, in deroga all’ortodossia, sceglie di stabilire un contatto diretto. E incontrando il ragazzo reale che si cela dietro il nome Adam Henry, scopre un essere sul ciglio dell’abisso e però sorprendentemente appassionato della vita.