Retrotopia

Abbiamo invertito la rotta e navighiamo a ritroso

«L’utopia di Tommaso Moro di instaurare il “cielo sulla Terra” non esiste più perché il futuro, troppo incerto e spaventoso, è considerato inaffidabile e ingestibile. Così, mentre prende piede l’individualismo che cancella il senso di comunità, il passato si trasforma in una condizione rassicurante e nell’unica prospettiva accettabile» – Robinson, La Repubblica

Il futuro è finito alla gogna e il passato è stato spostato tra i crediti, rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui le speranze non sono ancora screditate. Sono gli anni della retrotopia. La direzione del pendolo della mentalità e degli atteggiamenti pubblici è cambiata: le speranze di miglioramento, che erano state riposte in un futuro incerto e palesemente inaffidabile, sono state nuovamente reimpiegate nel vago ricordo di un passato apprezzato per la sua presunta stabilità e affidabilità. Con un simile dietrofront il futuro, da habitat naturale di speranze e aspettative legittime, si trasforma in sede di incubi: dal terrore di perdere il lavoro e lo status sociale a quello di vedersi riprendere le cose di una vita, di rimanere impotenti a guardare mentre i propri figli scivolano giù per il pendio del binomio benessere-prestigio, di ritrovarsi con abilità che, sebbene faticosamente apprese e assimilate, hanno perso qualsiasi valore di mercato. La via del futuro somiglia stranamente a un percorso di corruzione e degenerazione. Il cammino a ritroso, verso il passato, potrebbe trasformarsi in un itinerario di purificazione dai danni che il futuro ha prodotto ogni qual volta si è fatto presente.